“La mia prima volta/My lesbian experience with loneliness”, Kabi Nagata, J-Pop, 2018, 140 pagine, bicromia, brossura,, € 10

In questo manga autobiografico Nagata ripercorre gli ultimi dieci anni della sua vita, dalla fine del liceo al giorno in cui, ormai ventottenne, ha la sua prima esperienza sessuale con una sex worker in un love hotel. I titoli dei capitoli organizzano la narrazione in ordine cronologico, ma il racconto in sé è ricco di anticipazioni e flashback che riflettono il percorso non lineare di crescita e autodeterminazione della protagonista, e non solo dal punto di vista sessuale. Il manga è infatti prima di tutto il racconto della ricerca di un’appartenenza, del “dolce nettare” della vita, ovvero “un luogo dove mi avrebbero accettato qualunque cosa fosse accaduta”. Il percorso che Nagata affronta è lungo e faticoso, scandito da lavoretti part-time, tentativi di affermarsi come mangaka, episodi depressivi, disturbi alimentari, autolesionismo e ricoveri in psichiatria, con sullo sfondo il rapporto perennemente tormentato con i genitori. Nei momenti più difficili si fa però pian piano strada in lei la presa di coscienza sia della propria vulnerabilità, sia soprattutto del diritto alla ricerca di una vita modellata sulle proprie esigenze e i propri desideri, tra cui quello di sperimentarsi e conoscersi dal punto di vista sessuale nonostante l’assenza di una partner.
La mia prima volta non si può definire una lettura piacevole né leggera; è un racconto crudo (ci sono scene in cui la protagonista in preda alla bulimia mangia dei ramen non cotti arrivando a farsi sanguinare le gengive, o cede alla compulsione di strapparsi intere ciocche di capelli fino a rendersi calva), un fumetto in cui l’autrice si mette a nudo e attraverso il punto di vista assolutamente personale sfida le nostre convinzioni e il nostro perbenismo, toccando temi spesso taciuti per vergogna e pudore, ma che in realtà riguardano molte più persone di quanto si creda.