“Il primo paziente”, Aa.Vv., Tunué, 2024, 136 pagine a colori, cartonato, € 19,90

“Il primo paziente”, Aa.Vv., Tunué, 2024, 136 pagine a colori, cartonato, € 19,90

La prima opera patrocinata dall’associazione culturale Graphic Medicine Italia è un lavoro unico nel suo genere che vuole dare voce, in modo plurale e sinergico, ad un atto di grande generosità per la formazione medica e la ricerca scientifica: la donazione del corpo alla scienza. Quest’opera collettiva, realizzata dagli artisti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna (Vittoria Adorno, Davide Angelini, Giuseppe “GB” Balestra, Emilia Benedetti, Chiara De Martin, Federico Gaddi, Matilde Ganassi, Francesca Gulino, Paolo Ipsa, Laverve (Marco Libardi), Pastoraccia (Alessandro Pastore), Rachele Robotti e Nicole Tecchio, con il coordinamento e i contributi speciali di Francesco Maria Ghedini (ABABO) e Annalisa Plava (UNIBO) assieme ai curatori dell’Università di Bologna Stefano Ratti e Veronica Moretti e dell’Accademia di Belle Arti di Bologna Otto Gabos, Caterina Coluccio, Sara Colaone e Onofrio Catacchio racconta i diversi punti di vista dei protagonisti coinvolti nella donazione del corpo alla scienza. Con molteplici stili narrativi e grafici, tavole anatomiche psichedeliche, tra finzione e realtà storica, vengono esplorati i lati più personali e fondamentali del processo di donazione. L’opera, basata su oltre 50 interviste a studentesse, studenti di Medicina, donatori, donatrici e loro familiari, professioniste e professionisti sanitari ed esperte, esperti del settore, propone 7 storie a fumetti che, con un tocco innovativo e sempre rispettoso, esplorano tutte le diverse sfaccettature legate al primo paziente, il donatore del corpo alla scienza, senza il quale né la formazione anatomica e medica né lo sviluppo scientifico sarebbero possibili.
Il primo paziente-La donazione del corpo alla scienza in graphic novel è un viaggio delicato, introspettivo, visionario, umoristico e appassionante nel mondo della medicina tutta, dal suo passato al suo futuro, con i racconti più profondi e intimi di tutti i suoi protagonisti. Come forma di ringraziamento verso la generosità di questo gesto, le autrici, gli autori, le curatrici e i curatori hanno deciso di devolvere i proventi dei propri diritti d’autore relativi all’opera al progetto per la donazione del corpo alla scienza dell’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna.

“Speak: il graphic novel”, Laurie Halse Anderson ed Emily Carroll, Il Castoro, 2019, 369 pagine in scala di grigi, brossura, € 16,50.

“Speak: il graphic novel”, Laurie Halse Anderson ed Emily Carroll, Il Castoro, 2019, 369 pagine in scala di grigi, brossura, € 16,50.

Melinda Sordino ha tredici anni e alle superiori tutti la odiano perché l’estate precedente ha chiamato la polizia durante una festa. Nessuno si preoccupa di chiederle il perché e Melinda non parla di quanto successo, anzi, non parla affatto: né con i genitori – troppo impegnati a litigare per darle davvero retta – né con gli insegnanti, né tantomeno con i compagni di classe, ché di amici veri non ne ha, solo una ragazza nuova che la sfrutta quando le fa comodo. Va male a scuola, dove è continuamente vittima di bullismo, e spesso salta le lezioni e va a rifugiarsi in uno sgabuzzino polveroso in compagnia dei libri e di un poster di Maya Angelou. L’unica materia che sembra interessarle è Arte, forse perché il professore ha capito che lei avrebbe tanto da dire, se solo ci riuscisse. Purtroppo il suo aguzzino frequenta la stessa scuola ed è un belloccio molto popolare a cui tutti danno credito. Persino Rachel, la sua ex migliore amica, esce con lui, e a nulla valgono gli sforzi di Melinda per metterla in guardia. Ma qualcosa sta per cambiare e il ballo di fine anno diventerà l’occasione per svelare che tipo di persona Andy Evans sia davvero. Riuscirà Melinda a riprendere in mano la sua vita, liberarsi dai sensi di colpa e raccontare la sua storia?
Adattamento dell’omonimo romanzo, questo graphic novel offre uno spaccato di vita di una tipica high school americana visto dalla prospettiva di Melinda, la protagonista. Il tema del contrasto tra silezio e libertà di parola e il conseguente racconto della violenza sessuale procedono di pari passo con il ritratto ironico e sagace di momenti di vita quotidiana di insegnati e studenti lungo tutto l’anno scolastico.

“Pensi di stare meglio?”, Edo Massa, Minimum Fax, 2024, 183 pagine a colori, € 19

“Pensi di stare meglio?”, Edo Massa, Minimum Fax, 2024, 183 pagine a colori, € 19

Edoardo si racconta nella sua vita quotidiana, nel suo passato, nelle sue paure e speranze dialogando con la sua psicologa per rispondere ad una grande domanda: come stare meglio? Con una narrazione divertente e autoironica che unisce momenti di tragedia e introspezione ad altri di grande divertimento, attraverso intermezzi immaginari e fantasiosi, Edoardo si affronta nella sfida di stare bene con sé stessi senza vivere per soddisfare le aspettative di altri. Batman lo ammonisce e la Queer Police lo controlla, alcune figure importanti della sua vita lo consigliano e la psicologa lo ascolta, ma il percorso che deve fare è personale e intimo e forse… sovrapponibile a quello di molti di noi. Questo romanzo grafico risulta quindi profondo, ma anche leggero, con un approccio dialettico e positivo alle sfide giornaliere con noi stessi. Pensi di stare meglio?

“La fabbrica dei corpi: dalle prime protesi all’umanità aumentata”, Héloïse Chochois, Bao Publishing, 2018, 160 pagine a colori, copertina rigida, € 18

“La fabbrica dei corpi: dalle prime protesi all’umanità aumentata”, Héloïse Chochois, Bao Publishing, 2018, 160 pagine a colori, copertina rigida, € 18

Metti un giorno qualunque: alzarsi, fare colazione, salutare la propria compagna, prendere la moto per andare al lavoro… e poi l’incidente, la corsa in ospedale e l’amputazione di un braccio. Così comincia il viaggio del protagonista nella storia della medicina che fin dall’antichità si occupa di amputazioni e protesi, con l’eccezionale guida di Ambroise Paré, uno dei padri della chirurgia moderna. Il fumetto di Chochois è composto da parti più didattiche e descrittive, spesso umoristiche, che ripercorrono il perfezionamento tecnico della disciplina, dall’introduzione del laccio emostatico alle protesi a controllo neurale. Queste pagine spiegano per esempio come si esegue un’amputazione ai giorni nostri oppure cosa sappiamo del fenomeno dell’arto fantasma, e si interrogano sulla possibilità – in un futuro prossimo – di potenziare la nostra umanità attraverso la tecnologia, e sui possibili risvolti sociali del transumanesimo. Ci sono poi parti che narrano il viaggio del protagonista alla scoperta del nuovo se stesso con il supporto amorevole delle persone care, la sua perseveranza nell’affrontare la sfida del dover imparare a fare tutto da capo, partendo dai movimenti più semplici, come i bambini, ma anche i tanti momenti di sconforto e le piccole vittorie che lo portano passo dopo passo all’accettazione del nuovo corpo. E pian piano la vita riprende il suo corso: alzarsi, fare colazione, salutare la propria compagna, prendere l’autobus per andare al lavoro…

“Nessun altro”, R. Kikuo Johnson, trad. di Veronica La Peccerella, Coconino Press, 2022, 104 pagine a colori, copertina rigida, € 22

“Nessun altro”, R. Kikuo Johnson, trad. di Veronica La Peccerella, Coconino Press, 2022, 104 pagine a colori, copertina rigida, € 22

“Gli ho dato da mangiare, l’ho lavato e l’ho portato in bagno ogni giorno per sette anni. […] Tu sei scappato! È stata la mia vita a fermarsi”. Sono le parole con cui Charlene accusa il fratello Robbie di averla lasciata da sola a occuparsi dell’anziano padre malato mentre lui se ne andava in giro a cercare fortuna come musicista. Siamo a Maui, nelle Hawaii, ma il clima è tutt’altro che pacifico in questa famiglia. Madre single e con un lavoro da infermiera, Charlene si prende cura di tutti sia a casa sia in ospedale, senza ricevere il giusto riconoscimento e a scapito del suo benessere e delle sue aspirazioni. La tragica morte del padre, caduto dalle scale inciampando su una coperta lasciata in giro dal nipote, è il punto di rottura. La giovane si licenzia, abdica alla gestione della casa e si mette a studiare ossessivamente per il test di Medicina, dimenticandosi persino del compleanno del figlio e di avvertire gli altri familiari della morte del patriarca. A questo punto tocca a Robbie responsabilizzarsi e fare i conti con la fatica del prendersi cura, per consentire alla sorella di provare a realizzare i suoi sogni e aiutare il piccolo Brandon nella ricerca del suo gatto, scomparso il giorno della tragedia.
Johnson ci regala un romanzo grafico in cui la costruzione della pagina con una griglia molto regolare sviluppata in orizzontale, l’uso prevalente della bicromia bianco/blu con sporadici inserti in arancione e la spasmodica attenzione al dettaglio nelle scene ridotte ai particolari essenziali rendono magistralmente il dramma esistenziale quotidiano dei personaggi. Il finale a sorpresa lascia sperare in una riconciliazione.

“La storia del topo cattivo”: intervista a Bryan Talbot

“La storia del topo cattivo”: intervista a Bryan Talbot

La storia del topo cattivo, ora in edizione del trentennale per i tipi di Tunué, risale agli Anni 90. Il periodo d’oro per eccellenza del fumetto “mainstream”, con le grandi saghe super-eroistiche e la “bolla” dei milioni di copie vendute per testate come X-Men. Inaudito, per l’epoca, proporre al pubblico una storia dedicata agli abusi sui minori. Come ti è venuta l’idea inizialmente?

Sì, graphic novel oltre i generi come Maus di Spiegelman sono una proposta editoriale relativamente recente… ma con la loro uscita hanno dimostrato proprio in quel periodo che i fumetti potevano essere un ottimo veicolo per storie di ogni genere. All’inizio, pensavo di scrivere una storia sul Lake District inglese, tutt’altro tema rispetto agli abusi sui minori. Ma un giorno, passeggiando nella stazione della metro di Tottenham Court Road, a Londra, notai un’adolescente che elemosinava su un binario. Con suo grande fastidio, un grosso tizio barbuto membro di qualche setta evangelica stava cercando di convincerla a seguirlo in un ostello o da qualche altra parte. Sembrava così imbarazzata… Ripensando a lei qualche ora più tardi, mi venne in mente quello che si diceva su Beatrix Potter, che a quento pare all’età di 16 anni era “di una timidezza straziante”. In quel periodo, a partire dai suoi legami con quei luoghi, stavo facendo ricerche sulla Potter per il mio progetto sul Lake District. Cosi ho fatto due più due, quella alla stazione è diventata la prima scena del libro e da lì è nata tutta la storia. Mi sono detto “E se questa ragazza avesse una connessione con Beatrix Potter e seguisse le orme di Potter fino al Lake District?”. Mentre ci ragionavo, ho sentito la necessità di spiegare perché fosse scappata di casa. Così ho pensato “Perché suo padre abusava di lei”. Molti ragazzi scappano a londra da ogni angolo dell’Inghilterra per sfuggire agli abusi. Dato che non sapevo nulla sull’argomento, ho iniziato a documentarmi in libreria e in biblioteca, rendendomi conto ben presto che il tema degli abusi era troppo importante per essere “solo” uno spunto narrativo pet spingere la protagonista a scappare di casa. Doveva essere il tema portante del libro.

È stato difficile, a suo tempo, trovare un editore interessato al progetto?

È stata una vera impresa. Avevo inviato il proposal con il concept e qualche illustrazione di prova a tutti i principali editori di libri illustrati del Regno Unito, nella speranza di raggiungere un pubblico mainstream al di là del “ghetto” dei comic books. Era un fascicolo molto curato, stampato in 20 copie rilegate con tanto di copertina in acetato sopra la stampa della cover provvisoria e una lettera di accompagnamento: ma questo, ben prima del boom dei romanzi grafici e del fumetto in generale. La metà degli interessati non si sono nemmeno degnati di darmi una risposta. Quelli che lo fecero, rifiutarono la proposta senza neanche esaminarla, probabilmente piantando lì tutto alla prima comparsa della parola “fumetto” nella lettera di accompagnamento… A quel punto decisi di rivolgermi agli editori specializzati. La DC Comics rifiutò, ma il progetto aveva intrigato altre case editrici, in particolare Tundra. Nel febbraio del 1992, mi recai alla convention sui fumetti all’Alexandra Palace di Londra deciso a trovare un editore. In quel periodo stavo ancora disegnando Mask, la storia di Batman che avevo scritto per Archie Goodwin e la collana Legends of the Dark Knight. Finita quella, avrei dato la precedenza al “Topo cattivo”. Arrivo alla convention e mi presento allo stand Tundra, una cosa enorme. Ma lì mi prende lo sgomento, non solo per il gran numero di albi in catalogo, ma anche per la scarsa qualità media: pochi grandi titoli in un mare di robaccia. L’impressione è che pubblicassero qualunque cosa gli capitasse a tiro. Non volevo veder finire La storia del topo cattivo in un contesto tanto mediocre, così ho rinunciato all’incontro con Tundra, tentando la fortuna con Mike Richardson di Dark Horse, col risultato di godermi le ore di anticamera che la sua fitta agenda richiedeva. A suo merito, ha accettato il progetto sui due piedi, un bell’atto di coraggio da parte sua, dato che non assomigliava ad altro che Dark Horse avesse mai pubblicato.

Citavi Mask, il one-shot di Legends Of The Dark Knight in cui Batman è l’alter ego di un Bruce Wayne alcolizzato in preda al delirio. La storia di un topo volante cattivo, per così dire… cosa ricordi di quell’esperienza?

Mask è basato su un’idea avuta da adolescente, negli Anni ’60. Me n’ero ricordato una bella mattina del 1992. Per coincidenza, in quel periodo mi sono ritrovato a cena con lo sceneggiatore Archie Goodwin, fresco di nomina come editor della testata Legends of the Dark Knight. Gli raccontai la storia a grandi linee, e lui mi invitò a fargli avere una proposta. Ma ero convinto che non se ne sarebbe fatto niente, e li per lì me ne dimenticai completamente… Almeno fino a 6 mesi dopo, quando, rivedendolo, mi sentii chiedere “Che fine ha fatto quell’idea per Batman?”. Non solo non scherzava, ma pensava fosse un ottimo spunto. La settimana successiva mi misi al lavoro, e il resto è filato tutto liscio.
Una cosa che ho scoperto negli anni trascorsi a scrivere storie è che ogni lettore le vive a modo suo. Tanti lettori di La storia del topo cattivo mi hanno confidato di aver vissuto la lettura come un sostegno emotivo rispetto agli abusi subiti in gioventù. Con Batman è lo stesso: per alcuni si tratta di una semplice storia di super-eroi, per altri potrebbe avere un effetto terapeutico.

L’impressione è che nelle tue opere le fantasticherie siano un tema ricorrente. Da Luther Arkwright, a 2000 A.D., fino a Grandville, le visioni di mondi lontani sembrano essere la tua cifra stilistica: il che è buffo, considerando il tono serio di La storia del topo cattivo.

In realtà, ho scritto e disegnato altri due romanzi grafici non di genere: Alice in Sunderland e Metronome, più le cinque che ho disegnato su testi di mia moglie Mary, a cominciare da Dotter of Her Father’s Eyes, pubblicata in Italia da Nicola Pesce Edizioni (graphic novel che tratta il tema della malattia mentale della figlia di James Joyce Lucia, degente di un manicomio per trent’anni, ndr). Ma nel caso del “Topo”, le fantasticherie di Helen servono per fornire ai lettori un indizio sul potere della sua immaginazione che, come suggerisce l’omaggio a Beatrix Potter sul finale, la porterà a diventare in prima persona una scrittrice e un’artista.

Mentre ti documentavi per La storia del topo cattivo ti è capitato di incontrare persone che hanno vissuto le stesse esperienze della protagonista Helen? Cos’hai scoperto facendo ricerche sull’argomento?

Non appena la notizia che stavo lavorando sul tema è diventata di dominio pubblico, mi ha davvero stupito il numero di persone che mi hanno contattato per parlarmi degli abusi che avevano subito: si va da amici che conoscevo da anni a persone che ho incontrato alle convention… Erano tutti entusiasti che pubblicassi il libro, perché all’epoca l’argomento era quasi tabù e molti ex ragazzini vittime di abusi pensavano di essere gli unici ad aver vissuto queste drammatiche esperienze, quindi erano restii a condividerle per paura di non essere presi sul serio. Resta il fatto che è importante parlare di questi temi e far sì che la gente ne parli, in modo da rompere la cultura omertosa tipica di queste esperienze.

Cosa ti ha spinto a utilizzare personaggi reali come reference per La storia del topo cattivo?

Quando ho realizzato che quella che avevo tra le mani era una storia per un pubblico mainstream, lo stile del fumetto si è evoluto in una chiave molto più realistica rispetto a tutta la mia produzione precedente. Per facilitare la lettura a chi non ha l’occhio allenato ai fumetti, ho scelto deliberatamente la linea chiara. Poi ho cominciato a raccogliere reference fotografiche utilizzando amici e conoscenti come modelli e ambientando la maggior parte degli eventi in luoghi reali. Quando lavori su storie fantascientifiche o fantastiche, le licenze poetiche sono d’obbligo, ma nel caso di La storia del topo cattivo puntavo al massimo realismo.

Qual è il tuo metodo di lavoro? Dato che sei un artista “lento”,  immagino che tu sia molto attento nello storyboard. Oppure parti dalla sceneggiatura?

Normalmente, impiego circa tre giorni per scrivere, disegnare e colorare una tavola. Parto sempre dalla sceneggiatura, visualizzando il tutto a mente senza passare da uno storyboard. Negli ultimi 15 anni, ho capito di poter saltare quello step passando direttamente al disegno.

Lo humour ha un ruolo molto importante nelle tue storie, anche una storia dai contorni drammatici come il “Topo” ha delle parti più leggere, per esempio quelle ispirate a Beatrix Potter…

Tutte le storie hanno bisogno di luci e ombre. Senza un costante contrappunto tra scene e dialoghi, si finisce per annoiare il lettore, che si tratti di un’avventura, una commedia o un racconto “ambizioso”. La monotonia stufa. Di mio, mi considero uno sceneggiatore abbastanza intuitivo: se c’è spazio per un po’ di humour, anche in una situazione drammatica, ce lo metto.

Pensi mai di tornare da Helen per un seguito di La storia del topo cattivo?

Circa 4 anni fa, avevo iniziato ad accarezzare l’idea di un sequel ambientato vent’anni dopo la fine dell’originale, con Helen diventata una scrittrice per bambini trentaseienne che fa amicizia con una giovane senzatetto. Ci ho lavorato fino ad accumulare una cartella di appunti sul tema, prima di rendermi conto che forse era meglio lasciar stare. Ho il timore che un sequel potrebbe guastare l’effetto dell’originale, soprattutto per il rischio di mostrare che la vita di Helen dopo La storia del topo cattivo non è tutta rose e fiori. Un abuso implica postumi psicologici che possono durare tutta la vita, e il seguito potrebbe dimostrarlo.

Parlaci dei tuoi prossimi progetti…

Sono a metà delle 177 tavole di un prequel di Grandville ambientato 23 anni prima e interpretato dal mentore dell’ispettore LeBrock, Stamford Hawksmoor, apparso nel quinto volume. Data l’ambientazione antecedente alla rivoluzione industriale e quindi allo steampunk della serie originale, sarà un’opera molto diversa. Non sarà ambientata in una Belle Époque alternativa, precederà l’Art Nouveau e avrà il sapore acquerellato e seppiato dei vecchi dagherrotipi, invece dei vistosi colori digitali di Grandville. Quindi, sì: un volume molto vittoriano, ambientato a Londra, tra carrozze e nebbia densa quanto zuppa di piselli, molto Sherlock Holmes.

Intervista a cura di Andrea Voglino – novembre 2023

Un Natale a tutta Graphic Medicine

Un Natale a tutta Graphic Medicine

Due nuove sezioni sul nostro sito: “Diventa socio” e “Sostienici”. Dopo due anni di servizio, Graphic Medicine Italia apre a forze fresche con il proposito di allargare le sue attività, ampliare il proprio raggio d’azione e “mettere a terra” nuove iniziative che vadano oltre la Rete e l’ambito strettamente accademico.

Perché associarsi lo spieghiamo qui.  Ma anche senza associarsi è possibile sostenere l’Associazione con una donazione anche minima: con una cifra simbolica, si può contribuire a migliorare il sito e favorire la crescita di Graphic Medicine Italia. Due ottime idee anche per un “pensiero di Natale” alternativo all’insegna della cultura, della voglia di fare e della consapevolezza.

Calvin & Hobbes © Universal Press Syndicate 2023

Atcom Sant’Orsola: il valore di un dono

Atcom Sant’Orsola: il valore di un dono

Per questo Natale 2023 il dono del Centro Riferimento Trapianti dell’Emilia-Romagna è una fiaba delicata e profonda.
Un racconto illustrato da Giorgio Serra, La matitaccia, in collaborazione con Atcom S. Orsola, con la storia di Luca Passignani, per sensibilizzare sul tema di #donazione e #trapianto e raccontare, anche ai più piccoli, il mistero della malattia e il valore di un dono inestimabile: il cuore.
Leggi o ascolta la favola e condividila per i tuoi auguri a questo link.
Grazie agli autori e all’Associazione Nazionale Trapiantati di Cuore “Tetto Amico” che ha promosso la realizzazione di questo progetto. Un ringraziamento anche a Barbara e alla figlia Francesca che hanno espresso il bisogno di raccontare questa storia.
#moltiplicalavita con #unasceltaconsapevole”

“La storia del topo cattivo”, Bryan Talbot, Tunué, 2023, 144 pagine a colori, cartonato, € 18,90

“La storia del topo cattivo”, Bryan Talbot, Tunué, 2023, 144 pagine a colori, cartonato, € 18,90

Edizione del trentennale per uno dei primi volumi a trattare i temi dell’abuso sui minori, quel “La storia del topo cattivo” che fin dal 1992 – anno della sua uscita per Dark Horse Comics – ha raccolto premi e consensi in tutto il mondo diventando un punto di riferimento in tutta Europa nella didattica legata ai temi del child abuse. La storia, ispirata all’autore unico di Wigan, Lancashire dall’incontro fortuito con una giovane squatter in una stazione londinese, racconta la fuga della sedicenne Helen dalle attenzioni del padre Orco e suo lungo viaggio verso la rinascita dalle strade della capitale britannica a Hill Top, residenza della celeberrima scrittrice e illustratrice Beatrix Potter. Se l’abilità narrativa di Talbot regala pagine di grande suggestione attraverso i numerosi omaggi all’autrice di “La storia di Peter Coniglio” e all’uso sapiente di stilemi già collaudati sul fantasy “Le avventure di Luther Arkwright”, la meticolosa documentazione raccolta durante la pre-produzione del volume consente allo sceneggiatore e disegnatore britannico di tratteggiare in maniera precisa, onesta e mai gratuita lo stress post-traumatico infantile innescato nella protagonista dalle interazioni non sempre positive con le figure maschili che incontra nella sua odissea. Forte di un premio Eisner ricevuto nel 1996, la nuova edizione di “La storia del topo cattivo” racchiude numerosi extra: un’introduzione dell’autore di bestseller Neil Gaiman, una ricca dotazione di “dietro le quinte” a cura dello stesso Talbot e una postfazione di Jennifer Guerra, giornalista e scrittrice specializzata in tematiche di genere, femminismo e diritti LGBTQ+. Una lettura imprescindibile per il pubblico dai 13 anni in su.

“Radiation house”, serie, Tomohiro Yokomaku e Taishi Mori, J-Pop, ca. 200 pagine in b/n, brossura, € 6,50 a volume

“Radiation house”, serie, Tomohiro Yokomaku e Taishi Mori, J-Pop, ca. 200 pagine in b/n, brossura, € 6,50 a volume

Medical manga ambientato al Policlinico Amakasu, segue le storie di medici e tecnici del reparto di radiologia. La narrazione è strutturata per episodi, ciascuno con al centro un caso clinico da risolvere che di volta in volta permette di approfondire meglio la personalità di ciascuno dei componenti dell’équipe e le diverse tecniche di diagnostica per immagini, da quelle più note, come mammografia, TC e risonanza magnetica, ad ambiti meno conosciuti, come l’autopsia virtuale e la radiologia interventistica. Al centro della vicenda c’è l’evoluzione della relazione tra i due protagonisti, il brillante TSRM Iori Igarashi e la Dr.ssa An Amakasu (figlia dell’ex direttore sanitario), legati da una promessa d’infanzia. Attorno a loro ruota un complesso sistema di rapporti interpersonali e intrecci amorosi tra colleghi che si sviluppa fuori e dentro l’ospedale, ma ampio spazio viene dato alle storie di vita dei pazienti, alle loro paure (per esempio riguardo la pericolosità delle radiazioni) e speranze, e all’impatto fisico e soprattutto emotivo della malattia.
Radiation House offre una lettura leggera e piacevole che allo stesso tempo può essere d’aiuto a coloro che devono sottoporsi a indagini radiologiche. Permette infatti di familiarizzare con questi esami sia attraverso le spiegazioni fornite, sia attraverso i disegni che riproducono scrupolosamente i macchinari utilizzati e la tipologia di immagini che si ottiene con ciascuna tecnica.