“Cheese”, Zuzu, Coconino Press, 2019, 272 pagine in b/n, brossura, € 18

Tre inseparabili amici di Salerno rotolano giù per la montagna di un piccolo paese del Trentino all’inseguimento di una forma di formaggio. Può sembrare un’avventura come tante se ne vivono durante l’adolescenza ma per Zuzu, Riccardo e Dario questo viaggio è molto di più. È il coronamento di un’amicizia che dà loro il coraggio di prendere in mano la propria vita e abbracciare quello che si è: la voglia di Dario partire per l’Inghilterra per frequentare l’università, la rivelazione dell’omosessualità di Riccardo, ma soprattutto l’inizio dell’accettazione di un corpo femminile a cui per mesi si è fatta la lotta.
Cheese, infatti, è anche la storia di una ragazza e del suo disturbo alimentare, in una società che impone un canone di bellezza irrealistico per la maggior parte delle persone. “Le due protagoniste sono perfette, cazzo, hanno un corpo ideale… Non so se mi spiego” dice Rocco, il ragazzo per cui Zuzu ha una cotta, commentando La vita di Adele. E da quel momento lei si vede deforme, e la deformità invade il fumetto sfociando in disegni di donne il cui il grasso si protende nell’aria come i rami di un albero, mentre altre invece sono tutte scheletro e intestino, un intestino mostruoso che prende il sopravvento e divora, oltre a grandi quantità di cibo spazzatura, la vita stessa di Zuzu. La narrazione è inframmezzata dai dialoghi interni della protagonista (“sono infelice, sono responsabile”), che cerca di avere il pieno controllo sul proprio corpo ma non fa che soccombere alla sua fisicità: al vomito che a un certo punto invade la casa e la pagina, alla pelle che le fa male dappertutto, all’intrinseca mancanza di purezza e leggerezza di un corpo che, come un frutto marcio, con il suo peso la schiaccia verso terra impedendole di volare.
Il romanzo grafico d’esordio di Giulia Spagnulo ci trasporta in un’età in cui capita di sentirsi fuori posto, tra lavoretti sottopagati, sogni che pare resteranno per sempre nel cassetto, pene d’amore e una sofferenza che può scavarci dentro; e il lieto fine non nega che in futuro ci saranno ancora delle difficoltà da affrontare, ma in quel momento Dario, Riccardo e Zuzu ricordano tanto i giovani partigiani della poesia di Calvino: “Scalzi e laceri eppure felici”.