“Sei tu mia madre? Un’opera buffa”, Alison Bechdel, trad. di Isabella Zani, Rizzoli Lizard, 2012, 292 pagine in tricromia, copertina rigida, € 19

Una fumettista che ha ormai raggiunto una certa fama, omosessuale, cresciuta insieme ai fratelli maschi in un’atmosfera familiare tesa a causa dei conflitti tra il padre – dichiaratamente gay e in seguito morto in un tragico incidente che ha il sapore del suicidio – e la madre, donna dotata di grande bellezza, intelligenza e determinazione che si sente privata della possibilità di realizzare le sue aspirazioni artistiche a causa dell’accudimento dei figli e di un marito freddo e distante. Sono questi gli ingredienti dell’opera buffa di Bechdel, scritta qualche anno dopo il fumetto che indaga il rapporto con il padre (Fun Home, Rizzoli Lizard, 2007) e caratterizzata dal punto di vista stilistico da un segno a tratti nervoso ma estremamente espressivo e ricco di dettagli, e da una vena ironica che, nonostante la serietà degli argomenti trattati, percorre tutto il volume. Il graphic novel è strutturato in sette parti, ognuna introdotta da un sogno dell’autrice e dal suo tentativo di interpretarlo; la narrazione si dipana come una lunga seduta psicoanalitica in cui le effettive sedute di terapia, guidate da Jocelyn prima e Carol poi, si alternano a tavole in cui entriamo nella quotidianità di Alison, sia bambina che adulta ormai indipendente, e la osserviamo relazionarsi con la madre o con la compagna del momento. Il tutto è ampiamente condito con citazioni di Woolf, Winnicott, Alice Miller e altri autori e autrici a cui Bechdel si affida nel tentativo di sviscerare e dare un senso al suo complicato rapporto con la madre, in un percorso catartico di presa di coscienza e infine accettazione del genitore di sesso femminile come essere altro da sé, con le sue difficoltà e le sue aspirazioni: “Qualunque cosa volessi da mia madre, lei non poteva darmela e basta. Non era colpa sua. E quindi non era colpa mia se non ero capace di suscitarla”. Quello che resta, alla fine, è il ritratto di una madre e di una figlia e del loro legame indissolubile: “Certo, c’è qualcosa che mia madre non mi ha dato. C’è una mancanza, un buco, un vuoto. Ma in compenso mi ha dato qualcos’altro. Qualcosa direi che vale molto, molto di più. Mi ha dato modo di uscirne”.