“Mor: storia per le mie madri”, Sara Garagnani, Add editore, 2022, 363 pagine a colori, brossura, € 25.

“Mor: storia per le mie madri”, Sara Garagnani, Add editore, 2022, 363 pagine a colori, brossura, € 25.

Questa è una storia famigliare e come accade in tutte le famiglie non ci sono protagonisti, ma punti di vista. Non ci sono eroi né mostri, c’è solo quello che possiamo e riusciamo a essere. Con questo in mente, Sara si accinge a raccontare la storia della sua bisnonna, delle sue nonne, di sua madre e la sua, in un viaggio che percorre quattro generazioni partendo dai rigidi inverni svedesi per concludersi nell’assolata Emilia-Romagna. Un viaggio al femminile, in cui gli uomini – con l’eccezione di papà Agostino e nonno Amedeo – ci sono ma non sono mai davvero presenti, e non vogliono o non sanno vedere la scia di dolore e violenza che si tramanda di madre in figlia. Il graphic novel è diviso in due parti, distinte anche dal punto di vista stilistico: la prima raccontata da Nettan, la madre di Sara, con tinte più delicate, forse sbiadite dal tempo, e la seconda, dai colori più saturi, come ricordi ancora vividi, narrata direttamente dall’autrice-protagonista; così facendo il punto di vista rimane sempre quello della figlia che si rapporta alla madre. I temi della violenza e dei disturbi mentali percorrono come un fil rouge tutta l’opera, che si interroga sul rapporto che intercorre tra la rabbia materna, totalmente imprevedibile, e il magone dei figli, e sul perché chi subisce a sua volta diventi carnefice pur non riuscendo a svincolarsi dal suo ruolo di vittima, condannato a vivere in balia dell’ansia, della depressione e delle dipendenze. Il destino di questa famiglia sembra ormai segnato, finché non arriva una figlia che decide di spezzare l’omertà delle generazioni precedenti indagando sui traumi taciuti nel tentativo di riconciliarsi con una madre da sempre distante, ipercontrollante e ipocondriaca che ora è costretta al silenzio dallo stato semivegetativo in cui è piombata in seguito a un gravissimo incidente.
Con grande coraggio, Garagnani riesce a dare voce e corpo a sentimenti ed emozioni estremamente spiacevoli e dolorosi, mettendo sempre in primo piano le persone e le loro storie, cercando di sospendere il giudizio per indagare e finalmente sbrogliare l’intricata matassa famigliare di eventi, gesti, parole e silenzi, verità e bugie, violenze e abusi, siano essi fisici o psicologici, agiti oppure subiti. Conoscere l’origine dei traumi e dare un senso alle loro conseguenze, senza per questo giustificare né essere tenuti a perdonare, permette l’elaborazione del proprio vissuto. Per Sara questo significa, per esempio, accettare che tra lei e sua madre ci sarà sempre un certo grado di non detto, ma forse il discorso comunque accade nella piega delle cose.
Mor: storia per le mie madri ha vinto il Premio Micheluzzi come Miglior Opera Prima e il Premio TIR come Miglior Graphic Novel, entrambi nel 2023.

“Tutte le cose che non posso dirti”, Caterina Costa, BeccoGiallo, 2022, 160 pagine a colori, brossura, € 18.

“Tutte le cose che non posso dirti”, Caterina Costa, BeccoGiallo, 2022, 160 pagine a colori, brossura, € 18.

Una raccolta di brevi fumetti autoconclusivi che afferrano una sensazione, un’emozione o un’esperienza, intervallati da pagine più narrative in cui Caterina condivide alcuni momenti della sua vita recente e racconta la genesi di quest’opera, nata per rispondere alla necessità di provare a esprimere un sentire a cui spesso è difficile dare voce. L’autrice ha deciso di farlo attraverso la forma che da sempre le è più congeniale, il disegno, per stare meglio lei e per farci capire che non siamo soli o diversi ma c’è chi vive o ha vissuto esperienze simili alle nostre. L’immediatezza e la freschezza delle tavole rendono questo fumetto adatto anche a chi non ha mai vissuto simili esperienze, aiutandolo a comprendere ciò che magari vede succedere a una persona cara o semplicemente a prendere contatto con quella parte dell’esperienza umana che è fatta di solitudine, paura, rabbia, ansia relazionale ma anche cura verso sé stessi e speranza data dal credere che una guarigione sia possibile.
Caterina Costa è una giovane illustratrice e fumettista originaria di Abbiategrasso (MI), meglio nota su Instagram con il nome d’arte di Cheit.jpg. Laureata in Illustrazione e Animazione allo IED, per BeccoGiallo ha pubblicato anche Io, i miei mostri e me (2021).

“Sei tu mia madre? Un’opera buffa”, Alison Bechdel, trad. di Isabella Zani, Rizzoli Lizard, 2012, 292 pagine in tricromia, copertina rigida, € 19

“Sei tu mia madre? Un’opera buffa”, Alison Bechdel, trad. di Isabella Zani, Rizzoli Lizard, 2012, 292 pagine in tricromia, copertina rigida, € 19

Una fumettista che ha ormai raggiunto una certa fama, omosessuale, cresciuta insieme ai fratelli maschi in un’atmosfera familiare tesa a causa dei conflitti tra il padre – dichiaratamente gay e in seguito morto in un tragico incidente che ha il sapore del suicidio – e la madre, donna dotata di grande bellezza, intelligenza e determinazione che si sente privata della possibilità di realizzare le sue aspirazioni artistiche a causa dell’accudimento dei figli e di un marito freddo e distante. Sono questi gli ingredienti dell’opera buffa di Bechdel, scritta qualche anno dopo il fumetto che indaga il rapporto con il padre (Fun Home, Rizzoli Lizard, 2007) e caratterizzata dal punto di vista stilistico da un segno a tratti nervoso ma estremamente espressivo e ricco di dettagli, e da una vena ironica che, nonostante la serietà degli argomenti trattati, percorre tutto il volume. Il graphic novel è strutturato in sette parti, ognuna introdotta da un sogno dell’autrice e dal suo tentativo di interpretarlo; la narrazione si dipana come una lunga seduta psicoanalitica in cui le effettive sedute di terapia, guidate da Jocelyn prima e Carol poi, si alternano a tavole in cui entriamo nella quotidianità di Alison, sia bambina che adulta ormai indipendente, e la osserviamo relazionarsi con la madre o con la compagna del momento. Il tutto è ampiamente condito con citazioni di Woolf, Winnicott, Alice Miller e altri autori e autrici a cui Bechdel si affida nel tentativo di sviscerare e dare un senso al suo complicato rapporto con la madre, in un percorso catartico di presa di coscienza e infine accettazione del genitore di sesso femminile come essere altro da sé, con le sue difficoltà e le sue aspirazioni: “Qualunque cosa volessi da mia madre, lei non poteva darmela e basta. Non era colpa sua. E quindi non era colpa mia se non ero capace di suscitarla”. Quello che resta, alla fine, è il ritratto di una madre e di una figlia e del loro legame indissolubile: “Certo, c’è qualcosa che mia madre non mi ha dato. C’è una mancanza, un buco, un vuoto. Ma in compenso mi ha dato qualcos’altro. Qualcosa direi che vale molto, molto di più. Mi ha dato modo di uscirne”.

“Tutta sola al centro della terra”, Zoe Thorogood, trad. di Caterina Marietti, Bao Publishing, 2024, 192 p. a colori e in scala di grigi, cartonato, € 22

“Tutta sola al centro della terra”, Zoe Thorogood, trad. di Caterina Marietti, Bao Publishing, 2024, 192 p. a colori e in scala di grigi, cartonato, € 22

“Sono una narratrice, è così che riesco a dare un senso al mondo attorno a me. Ma non sono mai riuscita a dare un senso a me stessa, ed è per questo che siamo qui”. Nel luglio del 2021, Thorogood inizia a lavorare al graphic novel che seguirà i successivi sei mesi della sua vita, in attesa di vedere cosa il futuro ha in serbo per lei. Tra vecchie amicizie, vacanze in famiglia, fiere del fumetto, relazioni fallimentari e qualche soddisfazione lavorativa, entriamo nel mondo di Zoe anzi, delle varie Zoe che affollano la pagina: dall’adolescente bullizzata alla giovane artista, passando per tutta una serie di personalità del presente e del passato che interagiscono tra loro andando a delineare il ritratto corale di un’esistenza condizionata dalla depressione suicida (personificata in un’ombra in stile Studio Ghibli che accompagna Zoe nelle varie fasi della vita). Su questa trama tutto sommato ordinaria si innesta lo straordinario lavoro artistico di Thorogood, il cui stile grafico estremamente vario e curato – che si modifica di tavola in tavola per adattarsi alle emozioni della protagonista –, unito alle riflessioni metanarrative – per esempio sul rapporto tra realtà e finzione nella rappresentazione autobiografica – dona al lettore un fumetto che è un pugno nello stomaco per la sincerità disarmante e il piglio ironico con cui affronta il tema della malattia mentale senza tralasciare nulla, nemmeno i momenti più bui e umilianti della vita. La narrazione non scorre in modo fluido, tutt’altro, subisce avanzamenti e interruzioni e addirittura ricomincia da capo, riflettendo quanto possa essere caotica la vita, che oscilla tra momenti in cui ci si sente sopraffatti dalle emozioni e altri dominati dal vuoto e dall’apatia. L’obiettivo è mostrare un’esistenza fra tante e non dare consigli o pontificare, come testimonia la mancanza di una vera e propria chiusura finale data dall’interruzione, volutamente accidentale, del monologo della protagonista proprio nel momento in cui si accinge a svelarci cosa ha imparato durante la stesura di quest’opera.
Zoe Thorogood, classe 1998, è un’artista britannica che nel 2023 è stata nominata per cinque Eisner Awards e ha ricevuto il Russ Manning Promising Newcomer Award. In italiano è uscito anche il suo primo graphic novel, Gli ultimi giorni di luce di Billie Scott, per Feltrinelli Comics (2022).

“Il primo paziente”, Aa.Vv., Tunué, 2024, 136 pagine a colori, cartonato, € 19,90

“Il primo paziente”, Aa.Vv., Tunué, 2024, 136 pagine a colori, cartonato, € 19,90

La prima opera patrocinata dall’associazione culturale Graphic Medicine Italia è un lavoro unico nel suo genere che vuole dare voce, in modo plurale e sinergico, ad un atto di grande generosità per la formazione medica e la ricerca scientifica: la donazione del corpo alla scienza. Quest’opera collettiva, realizzata dagli artisti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna (Vittoria Adorno, Davide Angelini, Giuseppe “GB” Balestra, Emilia Benedetti, Chiara De Martin, Federico Gaddi, Matilde Ganassi, Francesca Gulino, Paolo Ipsa, Laverve (Marco Libardi), Pastoraccia (Alessandro Pastore), Rachele Robotti e Nicole Tecchio, con il coordinamento e i contributi speciali di Francesco Maria Ghedini (ABABO) e Annalisa Plava (UNIBO) assieme ai curatori dell’Università di Bologna Stefano Ratti e Veronica Moretti e dell’Accademia di Belle Arti di Bologna Otto Gabos, Caterina Coluccio, Sara Colaone e Onofrio Catacchio racconta i diversi punti di vista dei protagonisti coinvolti nella donazione del corpo alla scienza. Con molteplici stili narrativi e grafici, tavole anatomiche psichedeliche, tra finzione e realtà storica, vengono esplorati i lati più personali e fondamentali del processo di donazione. L’opera, basata su oltre 50 interviste a studentesse, studenti di Medicina, donatori, donatrici e loro familiari, professioniste e professionisti sanitari ed esperte, esperti del settore, propone 7 storie a fumetti che, con un tocco innovativo e sempre rispettoso, esplorano tutte le diverse sfaccettature legate al primo paziente, il donatore del corpo alla scienza, senza il quale né la formazione anatomica e medica né lo sviluppo scientifico sarebbero possibili.
Il primo paziente-La donazione del corpo alla scienza in graphic novel è un viaggio delicato, introspettivo, visionario, umoristico e appassionante nel mondo della medicina tutta, dal suo passato al suo futuro, con i racconti più profondi e intimi di tutti i suoi protagonisti. Come forma di ringraziamento verso la generosità di questo gesto, le autrici, gli autori, le curatrici e i curatori hanno deciso di devolvere i proventi dei propri diritti d’autore relativi all’opera al progetto per la donazione del corpo alla scienza dell’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna.