Questa è una storia famigliare e come accade in tutte le famiglie non ci sono protagonisti, ma punti di vista. Non ci sono eroi né mostri, c’è solo quello che possiamo e riusciamo a essere. Con questo in mente, Sara si accinge a raccontare la storia della sua bisnonna, delle sue nonne, di sua madre e la sua, in un viaggio che percorre quattro generazioni partendo dai rigidi inverni svedesi per concludersi nell’assolata Emilia-Romagna. Un viaggio al femminile, in cui gli uomini – con l’eccezione di papà Agostino e nonno Amedeo – ci sono ma non sono mai davvero presenti, e non vogliono o non sanno vedere la scia di dolore e violenza che si tramanda di madre in figlia. Il graphic novel è diviso in due parti, distinte anche dal punto di vista stilistico: la prima raccontata da Nettan, la madre di Sara, con tinte più delicate, forse sbiadite dal tempo, e la seconda, dai colori più saturi, come ricordi ancora vividi, narrata direttamente dall’autrice-protagonista; così facendo il punto di vista rimane sempre quello della figlia che si rapporta alla madre. I temi della violenza e dei disturbi mentali percorrono come un fil rouge tutta l’opera, che si interroga sul rapporto che intercorre tra la rabbia materna, totalmente imprevedibile, e il magone dei figli, e sul perché chi subisce a sua volta diventi carnefice pur non riuscendo a svincolarsi dal suo ruolo di vittima, condannato a vivere in balia dell’ansia, della depressione e delle dipendenze. Il destino di questa famiglia sembra ormai segnato, finché non arriva una figlia che decide di spezzare l’omertà delle generazioni precedenti indagando sui traumi taciuti nel tentativo di riconciliarsi con una madre da sempre distante, ipercontrollante e ipocondriaca che ora è costretta al silenzio dallo stato semivegetativo in cui è piombata in seguito a un gravissimo incidente.
Con grande coraggio, Garagnani riesce a dare voce e corpo a sentimenti ed emozioni estremamente spiacevoli e dolorosi, mettendo sempre in primo piano le persone e le loro storie, cercando di sospendere il giudizio per indagare e finalmente sbrogliare l’intricata matassa famigliare di eventi, gesti, parole e silenzi, verità e bugie, violenze e abusi, siano essi fisici o psicologici, agiti oppure subiti. Conoscere l’origine dei traumi e dare un senso alle loro conseguenze, senza per questo giustificare né essere tenuti a perdonare, permette l’elaborazione del proprio vissuto. Per Sara questo significa, per esempio, accettare che tra lei e sua madre ci sarà sempre un certo grado di non detto, ma forse il discorso comunque accade nella piega delle cose.
Mor: storia per le mie madri ha vinto il Premio Micheluzzi come Miglior Opera Prima e il Premio TIR come Miglior Graphic Novel, entrambi nel 2023.