“Rughe”: intervista a Paco Roca

“Rughe”: intervista a Paco Roca

Sono trascorsi quindici anni dalla prima edizione di Rughe. Da cosa è nata la necessità della nuova “edizione definitiva” della tua opera recentemente tornata sugli scaffali?
Credo che a noi autori faccia sempre paura l’idea di chiudere definitivamente un’opera. Io continuerei a metterci mano, tornerei indietro e ritoccherei cose che non mi piacciono, vignette che penso siano venute male, storie in cui la trama non sembra mai perfetta o dove i dialoghi non sembrano essere i migliori possibili. Ma non si può fare questo continuamente, un’opera nasce e termina ma ci sono situazioni in cui c’è necessità di aggiungere qualcosa: nel caso di Rughe, l’occasione ha coinciso con la lavorazione del film, e questo ha dato il via alla possibilità di raccontare altro attraverso il fumetto, introducendo materiali sui “dietro le quinte” della pellicola nella nuova edizione. La verità è che mi piacerebbe farlo con tutti i miei lavori, non sono mai contento al cento per cento e con il tempo subentrano sempre nuove idee per renderli migliori.

Rughe è uno dei primi esempi di graphic medicine, un tipo di graphic novel che negli ultimi anni si sta diffondendo sempre di più. A suo tempo quella di parlare di una malattia è stata una scelta ragionata, o una semplice coincidenza?
È stato casuale, non c’era alcun piano preordinato, è partito tutto da un fatto personale. Mio padre aveva l’Alzheimer, così come il padre del mio più caro amico. All’epoca era una malattia poco raccontata sia dalla letteratura che dal cinema. La mia intenzione era affrontarla senza uno scopo didattico, senza pensare al lato strettamente medico. Certo, una volta pubblicata un’opera non si può mai sapere fino in fondo l’uso che ne farà il pubblico, e Rughe in effetti si è rivelata utile anche a livello formativo, però non l’avevo previsto a priori. Quello che in realtà mi premeva mettere in luce era la solitudine, che mi sembrava essere il minimo comune denominatore di tutti i degenti delle case di riposo, e il fatto che spesso essi siano messi ai margini perché non riescono a seguire i ritmi della società giovane e adulta.

Per realizzare Rughe sei entrato in punta di piedi in varie residenze per anziani…
Come dicevo, penso che il tema principale di Rughe sia la solitudine, e al tempo ho notato diverse cose. Non ero mai stato in una residenza per anziani, e durante il periodo in cui mi documentavo per produrre il mio libro ne ho visitate diverse, rendendomi conto che sono come dei “cassetti disordinati” dove le persone vengono inserite senza avere nulla in comune, ma ci si ritrovano per motivi diversi, e non tutti sono nella stessa condizione fisica. Per certi aspetti, è come stare in una scuola in cui i bambini non hanno nulla in comune se non l’età. C’era chi vi si trovava perché la famiglia non poteva prendersene cura, chi era lì per non essere un peso per i propri cari. Personalmente, ho provato la sensazione di essere su un’isola su cui erano approdati naufraghi approdati a caso da imbarcazioni diverse.

Qual è il ricordo giù forte che ti hanno lasciato le visite nelle case di riposo?
Visitavo le case di riposo grazie all’ospitalità di amici medici o infermieri, oppure quando amici e famigliari andavano a trovare parenti anziani. Ricordo di una donna che divideva i suoi spazi con una persona affetta da demenza, che quindi non faceva altro che piangere e urlare di continuo, e questa donna chiedeva “Ma perché devo stare qui e vivere con lei?”. Un’altra cosa che mi colpì fu che, nella maggior parte dei casi, gli anziani peggioravano: quando li vedevo in una certa occasione e poi alcuni mesi dopo, si erano aggravati. Il lavoro per un dipendente di una residenza per anziani è davvero duro, lo si fa per una sorta di vocazione.

Immaginiamo che tu abbia letto altri fumetti interessanti su temi analoghi.
Non ricordo di aver letto nulla di questo genere, ci sono state alcune storie che parlavano di persone anziane, come Lo scontro quotidiano di Manu Larcenet (Coconino Press, 2014, ndr)… però non sono state un riferimento per Rughe. Con questo libro ho cercato di rendere gli anziani protagonisti. È stato complicato fare in modo che la monotonia delle loro vite fosse interessante, che ci fosse intrattenimento nella noia generale. Mi è stato invece d’ispirazione il film giapponese Ju-on: The Grudge, in cui si parla di una soffitta posseduta: mi pareva che l’Alzheimer potesse essere trattato come una storia horror. La struttura narrativa di Rughe è quella dell’avventura di chi giunge in un luogo ostile e, con l’aiuto di qualcuno che già vi si trova, lotta per la propria salvezza.

Dove hai trovato l’ispirazione per la scena finale in cui Emilio comincia ad avere problemi nel riconoscere i volti altrui?
Non so esattamente come mi sia venuta l’idea, immagino si tratti di utilizzare gli strumenti a disposizione nel mondo del fumetto. Con il disegno è possibile astrarsi e cercare una soluzione. Nel film di Rughe il procedimento è stato un altro, ma nel fumetto mi pareva che la scena funzionasse, mi piace sfruttare le possibilità che offrono i diversi linguaggi. Ritengo che noi autori non pensiamo principalmente alla dimensione in cui vogliamo inserire la storia bensì ai personaggi e alle loro vite, e poi è il marketing a situare un fumetto in un genere o l’altro, quindi non siamo fermi nell’idea di star facendo qualcosa di determinato e preciso. È a carico dell’editore seguire una corrente o meno, io voglio raccontare una storia umana. Talvolta si usa il fumetto in modo didattico per spiegare cose complesse che il pubblico non sarebbe di norma disposto a leggere, ma poi il mezzo comunicativo in questione facilita le cose.

Come accennavi, hai preso parte anche tu alla realizzazione del film…
Sì, ho collaborato col regista Ignacio Ferreras, l’ho aiutato col copione e la direzione artistica dandogli vari consigli sul lato della documentazione. Ferreras non ha fatto un lavoro sul campo entrando nelle residenze, non ha avuto un contatto con gli anziani quindi il mio lavoro consisteva anche nello spiegare cose che non avevo potuto inserire nel fumetto, e desideravo riscattare grazie al film.

Un ringraziamento particolare ad Aurora Galbiero per la traduzione

Rughe: la nostra recensione

Donazione del corpo e Graphic Medicine

Donazione del corpo e Graphic Medicine

Una nuova pagina per Graphic Medicine Italia: si inaugura la pubblicazione dei papers accademici dedicati alla medicina narrativa a fumetti. Al centro della scena nella ricerca in lingua inglese firmata dai membri fondatori di Associazione Culturale Graphic Medicine Italia Stefano Ratti, Veronica Moretti e Alice Scavarda, il rapporto tra donazione del corpo e Graphic Medicine.

Il documento è disponibile per il download nella sezione “risorse”.

“Triplo guaio”: intervista a Isabella Di Leo

“Triplo guaio”: intervista a Isabella Di Leo

Dal tuo “Triplo guaio” se non sbaglio sono ormai trascorsi cinque anni. Immaginiamo che effetto ti faccia rileggere il tuo fumetto alla luce delle esperienze fatte da allora…
Ammetto che non lo rileggo molto spesso, non ricordo infatti l’ultima volta che l’ho fatto. “Triplo Guaio” è nato come uno sfogo in un momento di difficoltà ma ora la mia mente ha bisogno di guardare avanti. Per un anno e mezzo, mentre facevo le cure, mi è stato insegnato a vivere alla giornata, non pensando troppo al futuro. Ora invece ho tanta voglia di futuro e non mi rivedo più tanto nella me del 2018/19.

Dato che “Triplo Guaio” è nato sul Web, viene da chiedersi se dietro ci fosse una forma di pianificazione o se tutto sia nato un po’ per caso, accumulando vignette senza pensarci troppo.
Come ho accennato nella precedente risposta è stato uno sfogo. Pubblicavo vignette e le condividevo su Facebook e le facevo leggere ai miei amici, poi ho cominciato a condividerle all’interno di gruppi dove altre donne stavano affrontando quello che stavo affrontando io e vedendo il loro interesse nelle mie vignette ho cercato di riuscire a farne una alla settimana. Il problema delle pagine social è che mano a mano il tuo lavoro si perde nel tempo, ho deciso di aprire un sito in modo che chiunque cerchi un sorriso in mezzo all’oscurità possa sempre trovarlo.

Com’è nata l’idea di portare il fumetto dalla tua pagina Facebook, dov’era nato, alla sua forma definitiva di volume?
Volevo uscire dai social e andare lì dove c’è più bisogno: nelle sale d’attesa degli ospedali. Ho pensato di propormi a BeccoGiallo perché mi sembrava adatto per l’argomento e loro si sono dimostrati subito interessati. Il fumetto ha visto la luce a luglio del 2019, un mese dopo la fine delle mie cure, è stato un bel premio!

Dicci di più sull’apporto dell’editore nella realizzazione del volume rispetto a quanto già pubblicato su internet.
Mi è stato chiesto di aggiungere dei capitoli in più nel libro in maniera da renderlo più corposo, è stata l’occasione per aggiungere un po’ di trama, un filo comune, e non solo vignette comiche fine a sé stesse. Riguardo le modifiche, invece, sono state tagliate un paio di cosine perché secondo BeccoGiallo il volume si sarebbe letto più facilmente, ma quelle cose si possono trovare tranquillamente sul mio sito.

Quali stimoli o valori aggiunti speri di portare di portare a chi legge il tuo fumetto per la prima volta?
Spero solo di portare una risata in un momento difficile, a me l’autoironia ha aiutato davvero tantissimo a sopravvivere in quel periodo della mia vita… Magari può aiutare anche qualcun altro! Quando mi scrivono via messaggio privato per ringraziarmi di aver tenuto loro compagnia con le mie vignette mi commuovo sempre.

Dal tuo punto di vista di autrice, quale credi possa essere l’apporto del fumetto nell’ambito della medicina narrativa?
Più ce n’è, meglio è! È ormai provato che l’aspetto psicologico è importantissimo per affrontare al meglio le cure, quindi per quanto mi riguarda: avanti tutta!

Leggendo anche altri fumetti al femminile sullo stesso tema, come “Cancer Vixen” o “La storia delle mie tette” salta agli occhi come “fil rouge” un ampio ricorso a iperboli ironiche.
Altro non è che un meccanismo di difesa che il nostro cervello mette in campo per aiutarci a non lanciarci dalla finestra quando arriva il momento di affrontare una cosa simile. Non tutti i pazienti affrontano la malattia nella stessa maniera, e farlo con autoironia non vuol dire automaticamente che passiamo le giornate a spassarcela dalle risate. Senza ombra di dubbio a me, e a molti altri pazienti, la cosa ha giovato.

Come è nata l’idea di rappresentare il tuo “guaio” nella forma che gli hai dato nel fumetto – un incrocio tra un gorilla, un tricheco e un mostrone un po’ manga?
Chiacchierando con amici scherzavamo sul fatto che un sacco di artisti giapponesi creano personaggi da cose non fisiche, ad esempio che aspetto avrebbero i supermercati o le compagnie aeree se fossero personaggi umani. Quindi mi sono chiesta: che aspetto avrebbe il mio cancro se fosse un personaggio? L’ho sempre visto un po’ come un parassita e trovai su google immagini di un parassita che aveva occhioni e zanne… e così è nato QBM!

Segui il mercato del Graphic Medicine? C’è qualche fumetto sul genere che hai trovato interessante, e perché?
Mi fu consigliato “Il cancro mi ha resa più frivola” e ha esattamente il mio tipo di umorismo, mi ha divertita davvero molto!

Ora stai lavorando a un fumetto su Mel Brooks, un’ulteriore prova del fatto che la risata può essere terapeutica.
“L’ironia è solo un’altra difesa contro l’universo” dice Mel Brooks, mi rivedo molto nella sua filosofia di vita, sarà perché l’umorismo ebraico è molto auto-ironico e psicologico. E poi quest’anno tocca il traguardo dei 97 anni, se dice che ridere allunga la vita gli credo!

“Triplo guaio”: la recensione

“È solo endometriosi”, Fanny Robin e MaY Fait Des Gribouillis, Becco Giallo, 2022, 117 pagine, bicromia, brossura, € 18

“È solo endometriosi”, Fanny Robin e MaY Fait Des Gribouillis, Becco Giallo, 2022, 117 pagine, bicromia, brossura, € 18

NON È NELLA MIA TESTA, MA NEL MIO UTERO, CAZZO!!!” è l’urlo liberatorio di una delle protagoniste di questa raccolta di brevissime storie a fumetti quando finalmente il referto del laboratorio analisi attesta nero su bianco che ha un’endometriosi profonda. Nel caso di questa malattia, infatti, già ottenere una diagnosi è un successo che spesso arriva solo dopo anni di pellegrinaggi da uno specialista all’altro; anni in cui la donna sente sminuire il proprio dolore da parte di una società che la etichetta come lamentosa, depressa o scansafatiche. A questo punto inizia il lungo percorso per trovare una cura, raramente risolutiva, che troppe volte richiede di pagare un prezzo molto alto in termini di effetti collaterali (si pensi alla menopausa precoce: calo della libido, aumento di peso, il dover rinunciare ad avere figli). Sintomi e terapie che hanno un forte impatto anche sulla vita sociale della donna: le frequenti assenze dal lavoro per malattia, la difficoltà di mantenere rapporti con le proprie amicizie a causa della spossatezza, le ricadute sulla vita sessuale che possono minare il benessere di coppia. Fanny e MaY riportano episodi della loro esperienza con sincerità e umorismo, ma soprattutto con grande delicatezza nel sottolineare che il vissuto di ogni donna è diverso; è diversa in primis l’esperienza della malattia (e non si vince un premio se si prova più dolore delle altre), il rapporto che si ha con essa (del tutto personale e non giudicabile), e i compromessi che si è disposte ad accettare nel percorso di cura. Grazie a questo approccio, leggero ma mai superficiale, la lettura scorre veloce tra infinite visite mediche ed esami diagnostici (la cui ripetizione con variazione crea quasi un effetto di dejà-vu), inconvenienti imbarazzanti che costellano la quotidianità di un’endometriosica (uno su tutti: la gestione di un intestino capriccioso), consigli per affrontare i ricoveri in ospedale, momenti di ilarità in compagnia di partner e amiche, rapporti difficili con chi dovrebbe avere cura di noi e ascoltare le nostre esigenze. Con questo fumetto Fanny e MaY ci aiutano a ricordare che non è mai “solo endometriosi”, c’è tutta una persona intorno.


“Anestesia”, Fumettibrutti, Feltrinelli Comics, 2020, 135 pagine, bicromia, brossura, € 16


“Anestesia”, Fumettibrutti, Feltrinelli Comics, 2020, 135 pagine, bicromia, brossura, € 16

Josephine Yole Signorelli, in arte Fumettibrutti, racconta il culmine del suo percorso di transizione in un romanzo grafico in cui si mette totalmente a nudo di fronte a lettori e lettrici. Raggiunta la piena consapevolezza di sé, dopo un’adolescenza travagliata, Yole affronta con determinazione il cambiamento, sia legale, con le udienze per il cambio del nome sui documenti; sia fisico, attraverso gli interventi di mastoplastica e vaginoplastica; sia geografico, con la partenza dalla Sicilia per stabilirsi a Bologna e iniziare gli studi di Fumetto in Accademia. Le pagine che raccontano l’esperienza della chirurgia, significativamente posta al centro del volume a fare da cesura tra vecchio e nuovo, sono le più crude (“Ma che pretendeva? Una figa fatta con la mutua… ringrazia che è viva!”) ed offrono una testimonianza, a tratti allucinata, del ricovero in ospedale e dei problemi che un’operazione di questo genere può comportare. Ma sopravvivere all’intervento è solo una delle tante prove che Yole deve affrontare: deve liberarsi da una relazione tossica; sopportare tutte le discriminazioni da parte di legali, personale sanitario e uomini in generale (già subite come persona trans, ma rincarate dopo la transizione allo status di donna); trovare il modo di mantenersi lavorando in un night club dopo aver perso la borsa studio…Lei supera tutti gli ostacoli con grande coraggio, con l’obiettivo di lasciarsi completamente alle spalle la vecchia vita e il vecchio corpo, per scoprire alla fine che forse rinunciare a una parte così importante di noi non è la scelta migliore, e che è possibile trovare amicizie sincere pronte ad accogliere quello che siamo nella nostra unicità e interezza. Per non limitarsi a sopravvivere ma vivere per davvero. Anestesia è il terzo capitolo della “Trilogia esplicita”, preceduto da Romanzo esplicito e P. La mia adolescenza trans; dal 2023 è anche disponibile un volume che raccoglie tutti gli episodi in formato tascabile.

“Il cancro mi ha reso più frivola: una testimonianza a fumetti”, Miriam Engelberg, TEA, 2007, 114 pagine b/n, brossura, € 9

“Il cancro mi ha reso più frivola: una testimonianza a fumetti”, Miriam Engelberg, TEA, 2007, 114 pagine b/n, brossura, € 9

“Si dice che la sofferenza riveli la parte vera del carattere, e fu evidente allora che non sarei mai stata il tipo eroico di malata di cancro ritratto in tanti spettacoli e film”. Acquisita questa consapevolezza, mentre è ancora in attesa di sapere se il suo tumore sia maligno o meno, Engelberg prende carta e penna e inizia a disegnare il suo tipo di malata di cancro: una persona che di fronte al dolore e alla paura non reagisce con stoico eroismo, bensì con spiazzante umorismo. Con spaventosa onestà, Miriam ci permette di seguire il suo percorso, che come quello della maggior parte dei malati oncologici prevede esami radiodiagnostici, biopsie, chirurgie, chemioterapie, follow-up e purtroppo a volte anche recidive e metastasi. Da una parte la sua testimonianza è un pugno nello stomaco, perché ogni pagina ci parla di una persona che alla fine di cancro è morta, e contemporaneamente e inaspettatamente ci fa ridere proprio nei momenti più tragici. Miriam si paragona spesso alle persone coraggiose, quelle che affrontano il cancro a testa alta mentre lei si rifugia nelle parole crociate alla fine della guida TV e in un suo gruppo di supporto che la aiuti a sentirsi meno inadeguata rispetto al vero gruppo di supporto. E così facendo ci ricorda che esistono diversi tipi di coraggio, incluso quello di rimanere fedeli a sé stesse durante la malattia. Anche se vuol dire essere frivole.

“La gabbia”, Silvia Ziche, Feltrinelli Comics, 2022, 144 pagine, b/n, brossura, € 17

“La gabbia”, Silvia Ziche, Feltrinelli Comics, 2022, 144 pagine, b/n, brossura, € 17

“Il problema, se stai sulle palle a tua madre, è che poi pensi di stare sulle palle a tutti. Anche alla tua psicoterapeuta. Una vita da persona fastidiosa”. Questo è ciò che pensa di sé Serena, protagonista – insieme alla madre-neo-morta Letizia e alla figlia-mai-nata Gaia – dell’ultimo lavoro di Silvia Ziche, nota al grande pubblico come autrice disneyana e creatrice del personaggio di Lucrezia. In questo graphic novel premiato al Napoli Comicon 2023 come Miglior Fumetto, invece, Ziche prende spunto dalla sua vicenda personale per raccontare il difficile rapporto madre/figlia senza abbandonare la vena umoristica e l’arguzia che la contraddistinguono. Ecco che allora Letizia, che in passato ha trascurato la figlia, ora che ha una vita (eterna) davanti a sé decide di installarsi nella sua testa e fare un po’ di ordine, smuovendo in Serena i dolorosi ricordi di un’infanzia trascorsa accanto a una madre depressa e fornendo lo spunto per una serie di riflessioni sulla maternità, le relazioni amorose, la catena di dolore e fatica di tutte le donne che ci hanno preceduto e che in qualche modo ereditiamo. Riuscirà Serena a spezzare la catena e uscire dalla gabbia, liberandosi dei sensi di colpa, della tendenza al vittimismo e, soprattutto, della presenza ingombrante di sua madre? La gabbia è un fumetto che commuove e fa ridere, che spinge a guardare al di là di quello che conosciamo delle persone (chissà che anche a noi in futuro non sia dato di scoprire qualche inaspettato lato segreto di nostra madre!), con un velato tocco macabro sublimato nella foto che chiude il volume.

“Lucille degli Acholi”, Ilaria Ferramosca e Chiara Abastanotti, Il Castoro, 2022, 192 pagine a colori, brossura, € 16,50.

“Lucille degli Acholi”, Ilaria Ferramosca e Chiara Abastanotti, Il Castoro, 2022, 192 pagine a colori, brossura, € 16,50.

Lucille Teasdale è una bambina canadese che da grande vuole fare il medico missionario, ma siamo negli anni Quaranta e non è un sogno così comune per una donna. Lucille, però, è molto determinata, e con il supporto del padre intraprende gli studi all’Università di Montreal. Lì conosce il suo futuro marito, il medico italiano Piero Corti, con cui si stabilisce a Lacor, in Uganda, dove c’è un piccolo ospedale di suore comboniane che grazie al loro incessante lavoro diventa un centro di eccellenza sia per le cure sia per la formazione di nuovi medici e personale sanitario locale. Il racconto segue la vita di Lucille, intrecciando le sfide personali dell’essere una chirurga e una madre e in seguito anche una paziente (contrarrà il virus dell’HIV durante un’operazione), a quelle di ordine socio-culturale, dovute al conflitto tra medicina occidentale e tradizionale, e storico-politico, con le grandi tensioni scaturite quando l’Uganda passa da protettorato inglese a Paese indipendente in cui si instaura una dittatura militare, a cui fa seguito una sanguinosa guerra civile. Lucille non smette mai di difendere il suo ospedale e i suoi pazienti, ed è anche grazie alla sua determinazione che il Saint Mary’s Hospital – Lacor chiuderà solo per un breve periodo, continuando a fornire assistenza alla popolazione locale.
Lucille, infine, è la figura che ispira la giovane Atim Miriam Milani, italiana afrodiscendente, a studiare medicina e trasferirsi in Uganda per la specializzazione; è alla sua voce che è affidata la narrazione della storia di questa grande donna.

“La parentesi”, Élodie Durand, Coconino Press Fandango, 2011, 222 pagine b/n, brossura, € 17,50.

“La parentesi”, Élodie Durand, Coconino Press Fandango, 2011, 222 pagine b/n, brossura, € 17,50.

Com’è perdere se stesse, dimenticare interi anni della propria vita, non essere più in grado di compiere in autonomia i gesti più elementari e le operazioni mentali più semplici? Associamo questi sintomi a patologie dell’età avanzata, come demenza senile o morbo di Alzheimer, ma Élodie ha solo 21 anni quando comincia a soffrire di crisi epilettiche, di cui al risveglio non ricorda nulla. “Dicono che l’epilessia sia come una scintilla che può provocare un cortocircuito. Un cortocircuito che scollega dalla vita”. Quando le crisi si scoprono essere dovute a un tumore cerebrale (un astrocitoma), la ragazza viene sottoposta a un intervento di radiochirurgia stereotassica, il cui successo si potrà stabilire solo dopo 18 mesi, durante i quali la vita va avanti. O per lo meno, la vita degli altri, perché per Élodie – che deve fare i conti con la disgregazione del proprio Io data dalla perdita della memoria – il tempo della malattia assume contorni sfuggevoli. La ragazza ha l’impressione che gli eventi di cui si parla siano accaduti appena l’anno precedente, e quando le persone si informano su cosa abbia fatto in “tutto questo tempo” l’unica risposta che riesce a darsi è: “Ho dormito molto. Sono stata abbastanza malata. Dormo ancora molto…”. Le parole le sfuggono, così come i loro significati, ed ecco allora che la scrittura e il disegno le vengono in soccorso: annota tutto quello che le dice il neurologo e comincia a disegnare (“Disegno quello che non capisco. Tutto quello che non so esprimere a parole”), gli stessi mezzi che utilizza 15 anni dopo per fissare il ricordo della sua esperienza. Si hanno così due temporalità intrecciate: il racconto della Élodie di oggi – guarita – che interroga chi le è stato accanto (i suoi genitori, sua sorella) da un lato, e i disegni che ci parlano dal passato e che spalancano la porta dell’abisso in cui la ragazza era precipitata, dall’altro. Sono disegni dotati di una forza straordinaria, estremamente espressivi del totale stravolgimento che ha subito la vita di Élodie e del suo senso di assoluto smarrimento nel non riconoscersi più.
La parentesi è un romanzo grafico commovente e coraggioso, in cui il tema dell’identità si intreccia ad alcuni dei topoi più tradizionali delle patografie: il rapporto con il personale sanitario e con la malattia, dall’iniziale negazione, passando per l’umiliazione di non avere più il controllo del proprio corpo, fino all’accettazione di una diagnosi cronica e delle terapie e gli effetti collaterali che comporta. La necessità di confrontarsi con gli altri per ricostruire il proprio passato lascia inoltre spazio alla narrazione dell’esperienza dei caregiver, in particolare quella della madre, onnipresente nei ricordi frammentari della ragazza come punto di riferimento a cui aggrapparsi quando il mondo intorno – e dentro – di lei va in frantumi.

“I Nuovi Noi”, Andrea Voglino e Ariel Vittori, Elma Research per Chiesi Farmaceutici, 2020, 48 pagine, colori, brossurato, distr. gratuita

“I Nuovi Noi”, Andrea Voglino e Ariel Vittori, Elma Research per Chiesi Farmaceutici, 2020, 48 pagine, colori, brossurato, distr. gratuita

Sono secoli che l’essere umano è affascinato dalla possibilità di trasferire organi sani in persone malate per salvarle da patologie terminali. Oggi che questo è finalmente possibile, nell’immaginario comune spesso tutto finisce lì, il giorno della chirurgia: ci si sveglia con un cuore nuovo e si è magicamente guariti. Tutti abbiamo sentito parlare del rigetto, ma che cosa succede davvero dopo il trapianto? Quali sfide devono affrontare le persone che hanno ricevuto in dono un organo? In questo fumetto, pensato per accompagnare i pazienti nella loro nuova vita, la narrazione è lasciata proprio ad alcuni di loro. Luca, un fumettista trapiantato di rene da ormai un anno, e Gabriella, che il suo nuovo fegato l’ha ricevuto da poco e ancora fatica a districarsi tra visite ed esami di follow-up, terapie da seguire scrupolosamente e un nuovo stile di vita molto rigoroso che a volte può far sentire in gabbia. Certo al loro fianco ci sono i coordinatori clinici e i medici, molto disponibili ma anche un po’ opprimenti con tutti quei termini tecnici e tutte quelle regole calate dall’alto (molto suggestiva, a questo proposito, l’inquadratura di Gabriella in ambulatorio quasi schiacciata dalle nuvolette che contengono il fiume di parole del suo curante). Quello che questa storia ci insegna, oltre a rispondere ai dubbi più comuni dei neotrapiantati e a fornire indicazioni utili sulla gestione delle terapie, è che condividere le proprie paure, fatiche e speranze con chi sta affrontando lo stesso percorso può fare la differenza, e che i pazienti più esperti possono essere un grande supporto per i neofiti, anche solo scambiando con loro quattro chiacchiere in sala d’attesa. I nuovi noi, stampato con una tiratura iniziale di 10.000 copie, al momento è in distribuzione presso i Centri Trapianto ma sarà presto disponibile per il download su www.eroianonimi.it. I suoi autori hanno recentemente pubblicato per Tunué il romanzo grafico Un nido di nebbia (2022), dedicato al tema dell’adozione.