“Triplo guaio”: intervista a Isabella Di Leo

“Triplo guaio”: intervista a Isabella Di Leo

Dal tuo “Triplo guaio” se non sbaglio sono ormai trascorsi cinque anni. Immaginiamo che effetto ti faccia rileggere il tuo fumetto alla luce delle esperienze fatte da allora…
Ammetto che non lo rileggo molto spesso, non ricordo infatti l’ultima volta che l’ho fatto. “Triplo Guaio” è nato come uno sfogo in un momento di difficoltà ma ora la mia mente ha bisogno di guardare avanti. Per un anno e mezzo, mentre facevo le cure, mi è stato insegnato a vivere alla giornata, non pensando troppo al futuro. Ora invece ho tanta voglia di futuro e non mi rivedo più tanto nella me del 2018/19.

Dato che “Triplo Guaio” è nato sul Web, viene da chiedersi se dietro ci fosse una forma di pianificazione o se tutto sia nato un po’ per caso, accumulando vignette senza pensarci troppo.
Come ho accennato nella precedente risposta è stato uno sfogo. Pubblicavo vignette e le condividevo su Facebook e le facevo leggere ai miei amici, poi ho cominciato a condividerle all’interno di gruppi dove altre donne stavano affrontando quello che stavo affrontando io e vedendo il loro interesse nelle mie vignette ho cercato di riuscire a farne una alla settimana. Il problema delle pagine social è che mano a mano il tuo lavoro si perde nel tempo, ho deciso di aprire un sito in modo che chiunque cerchi un sorriso in mezzo all’oscurità possa sempre trovarlo.

Com’è nata l’idea di portare il fumetto dalla tua pagina Facebook, dov’era nato, alla sua forma definitiva di volume?
Volevo uscire dai social e andare lì dove c’è più bisogno: nelle sale d’attesa degli ospedali. Ho pensato di propormi a BeccoGiallo perché mi sembrava adatto per l’argomento e loro si sono dimostrati subito interessati. Il fumetto ha visto la luce a luglio del 2019, un mese dopo la fine delle mie cure, è stato un bel premio!

Dicci di più sull’apporto dell’editore nella realizzazione del volume rispetto a quanto già pubblicato su internet.
Mi è stato chiesto di aggiungere dei capitoli in più nel libro in maniera da renderlo più corposo, è stata l’occasione per aggiungere un po’ di trama, un filo comune, e non solo vignette comiche fine a sé stesse. Riguardo le modifiche, invece, sono state tagliate un paio di cosine perché secondo BeccoGiallo il volume si sarebbe letto più facilmente, ma quelle cose si possono trovare tranquillamente sul mio sito.

Quali stimoli o valori aggiunti speri di portare di portare a chi legge il tuo fumetto per la prima volta?
Spero solo di portare una risata in un momento difficile, a me l’autoironia ha aiutato davvero tantissimo a sopravvivere in quel periodo della mia vita… Magari può aiutare anche qualcun altro! Quando mi scrivono via messaggio privato per ringraziarmi di aver tenuto loro compagnia con le mie vignette mi commuovo sempre.

Dal tuo punto di vista di autrice, quale credi possa essere l’apporto del fumetto nell’ambito della medicina narrativa?
Più ce n’è, meglio è! È ormai provato che l’aspetto psicologico è importantissimo per affrontare al meglio le cure, quindi per quanto mi riguarda: avanti tutta!

Leggendo anche altri fumetti al femminile sullo stesso tema, come “Cancer Vixen” o “La storia delle mie tette” salta agli occhi come “fil rouge” un ampio ricorso a iperboli ironiche.
Altro non è che un meccanismo di difesa che il nostro cervello mette in campo per aiutarci a non lanciarci dalla finestra quando arriva il momento di affrontare una cosa simile. Non tutti i pazienti affrontano la malattia nella stessa maniera, e farlo con autoironia non vuol dire automaticamente che passiamo le giornate a spassarcela dalle risate. Senza ombra di dubbio a me, e a molti altri pazienti, la cosa ha giovato.

Come è nata l’idea di rappresentare il tuo “guaio” nella forma che gli hai dato nel fumetto – un incrocio tra un gorilla, un tricheco e un mostrone un po’ manga?
Chiacchierando con amici scherzavamo sul fatto che un sacco di artisti giapponesi creano personaggi da cose non fisiche, ad esempio che aspetto avrebbero i supermercati o le compagnie aeree se fossero personaggi umani. Quindi mi sono chiesta: che aspetto avrebbe il mio cancro se fosse un personaggio? L’ho sempre visto un po’ come un parassita e trovai su google immagini di un parassita che aveva occhioni e zanne… e così è nato QBM!

Segui il mercato del Graphic Medicine? C’è qualche fumetto sul genere che hai trovato interessante, e perché?
Mi fu consigliato “Il cancro mi ha resa più frivola” e ha esattamente il mio tipo di umorismo, mi ha divertita davvero molto!

Ora stai lavorando a un fumetto su Mel Brooks, un’ulteriore prova del fatto che la risata può essere terapeutica.
“L’ironia è solo un’altra difesa contro l’universo” dice Mel Brooks, mi rivedo molto nella sua filosofia di vita, sarà perché l’umorismo ebraico è molto auto-ironico e psicologico. E poi quest’anno tocca il traguardo dei 97 anni, se dice che ridere allunga la vita gli credo!

“Triplo guaio”: la recensione

“Il paese delle rarità”, Michele Assante del Leccese e Mario Testa, Scuola Italiana di Comix e Centro di Coordinamento Malattie Rare Regione Campania, 2023, 26 pagine a colori

“Il paese delle rarità”, Michele Assante del Leccese e Mario Testa, Scuola Italiana di Comix e Centro di Coordinamento Malattie Rare Regione Campania, 2023, 26 pagine a colori

C’è un paese in cui le persone nate con speciali superpoteri trovano l’ascolto e il supporto che non possono ricevere altrove; dove raro non è sinonimo di caso disperato bensì di risorsa preziosa. È in questo luogo, a metà tra la fantascienza e la magia, che un papà e il suo bambino – a bordo di una macchina che ricorda la DeLorean di Ritorno al Futuro – si recano per incontrare i Dottorari, medici specializzati nel prendersi cura chi è affetto da malattie rare. Questi dottori si avvalgono della collaborazione di una serie di figure specializzate: i tecnici che rispondono a tutti i loro dubbi (Elf Line ed Elf Desk), la brillante Geniotista, il Fantacista (chiaramente un cugino del druido Panoramix), gli Psicomaghi e le Fate Madrine, che si occupano del benessere psicologico dei pazienti e dei loro familiari. Questo fumetto, realizzato con il contributo non condizionato di Chiesi Farmaceutici, è nato con l’obiettivo di spiegare ai piccoli pazienti del Centro di Coordinamento Malattie Rare, attraverso un linguaggio “immediato e coinvolgente”, come funziona questo particolare reparto e cosa aspettarsi nel percorso diagnostico e terapeutico. La scelta di presentare i bambini affetti da malattie rare come persone che hanno acquisito speciali superpoteri a causa di una mutazione genetica – con un esplicito riferimento agli X-Men – si rifà alla volontà di “educarle [le nuove generazioni] alla diversità ed alla comprensione di quanto preziosa sia l’unicità di ogni persona” per “costruire un futuro in cui i pazienti non si sentano più soli o isolati, bensì accolti da una società inclusiva e attenta”.
È possibile sfogliare Il paese delle rarità a questo link.

La cura: storia di tutti i miei tagli”, Icaro Tuttle, Becco Giallo, 2022, 108 pagine a colori, brossura, € 17

La cura: storia di tutti i miei tagli”, Icaro Tuttle, Becco Giallo, 2022, 108 pagine a colori, brossura, € 17

Una domanda si staglia in mezzo alla pagina, tracciata in bianco su fondo nero: “Quante volte hai avuto paura di non guarire mai?”. Icaro Tuttle – giovanissima autrice di origine milanese nota su Instagram – questa sensazione la conosce bene, tanto che nel suo graphic novel d’esordio ha scelto di raccontare la sua ricerca di una cura per uscire dal buio in cui era precipitata nell’adolescenza. I tagli del titolo non si riferiscono solo al cutting autolesivo, bensì sono metafora di tutti i diversi tipi di tagli che l’autrice ha operato nella sua vita alla ricerca di un nuovo equilibrio, in una sorta di “potatura faticosa, per poter far crescere i frutti nella prossima estate”. Comincia col ritagliarsi uno spazio tutto per sé e prosegue col suddividere l’esistenza in piccole incombenze quotidiane per riuscire a sopravvivere. E così via, una sforbiciata dopo l’altra: dallo spuntarsi i capelli al lasciar andare quello che poteva essere ma non è stato; dal tagliare i ponti con gli altri per rinchiudersi in un guscio protettivo al tagliare il cordone tossico che la legava al partner; dal recidere il legame con l’adolescenza per fare il proprio ingresso nella vita adulta, all’incidere una sua colonna sonora che la accompagnasse lungo la strada della guarigione. Ci dice Icaro: “La cura per me è stata quella di attraversare il bosco dei miei pensieri nodosi”. Quali rami secchi avremmo invece bisogno di tagliare noi, per guarire?

“Stitches: ventinove punti”, David Small, trad. di Marco Bertoli, Rizzoli Lizard, 2010, 335 pagine in b/n, brossura, € 19,90

“Stitches: ventinove punti”, David Small, trad. di Marco Bertoli, Rizzoli Lizard, 2010, 335 pagine in b/n, brossura, € 19,90

Detroit, Anni ’50: un bambino che disegna sdraiato per terra, la madre che cucina nella stanza accanto, il fratello in soffitta che suona il tamburo, tutti in attesa che il padre torni dal lavoro. Una famiglia come tante, se non fosse per quel “guscio di silenzio e risentimento” che aleggia tra le mura domestiche, e per la salute cagionevole del piccolo David. Ma il padre è medico, e si occupa dei suoi problemi respiratori sottoponendolo a una terapia radiante. Anni dopo, quelle radiazioni saranno la causa di un cancro per cui il ragazzo subirà l’asportazione della tiroide e di una delle corde vocali, senza però essere messo al corrente della diagnosi. Condannato al silenzio e per questo escluso dalle relazioni sociali, David riuscirà a riprendere in mano la sua vita e deciderà di fare dell’espressione artistica la sua nuova voce. A metà tra il romanzo di formazione e la saga familiare, Stiches è un racconto cupo e drammatico, un horror raccontato in forma di fiaba (molti sono i riferimenti ad Alice nel paese delle meraviglie), che rende con parole taglienti e disegni espressivi e a tratti poetici la crudeltà e l’indifferenza di una coppia di adulti troppo concentrati su sé stessi per prendersi cura di un bambino. Lettori e lettrici sono trasportati in un mondo in cui, paradossalmente, la cruda realtà dei fatti è più assurda dell’universo di fantasie infantili e incubi allucinati del piccolo David, il quale, grazie anche all’aiuto di uno psicoterapeuta, sceglie di non rispondere alla chiamata della follia e intraprende un cammino di guarigione.

“La vita inattesa”, AA. VV., Rizzoli Lizard, 2014, 128 pagine a colori, brossura, € 15

“La vita inattesa”, AA. VV., Rizzoli Lizard, 2014, 128 pagine a colori, brossura, € 15

I malati sono libri. Che chiedono di essere letti con passione, perché animati dalla voglia di confidare al mondo oscurità e speranze di una vita inattesa. In attesa di essere ascoltata”. Sono queste parole di Edoardo Rosati che ci introducono alle dieci storie raccolte nel volume nato dal progetto “Viverla Tutta”, Campagna di Comunicazione e Impegno Sociale promossa da Pfizer e che ha raccolto oltre 4.000 testimonianze di malattia. Si va da patologie più note, come la sordità, l’Alzheimer e diversi tipi di cancro (seno, pancreas, cervello, sangue), ad altre meno note, come il morbo di Addison, la Paralisi Sopranucleare Progressiva e la Sindrome di Behçet. Ne La vita inattesa si intrecciano storie di persone, malate o caregiver, che ci fanno dono della loro esperienza. Sono storie che un po’ fanno paura – perché ci ricordano che potrebbe succedere anche a noi – ma riescono anche a far sorridere, a tratti, e soprattutto ci commuovono per l’umanità che racchiudono, per la consapevolezza della fragilità delle nostre vite. Il racconto di queste dieci esistenze è affidato alla penna di Micol Beltramini, Tito Faraci e Alessandro Q. Ferrari, e ai disegni di Paolo Bacilieri, Nate Powell, Giuseppe Palumbo, Silvia Ziche, Laura Scarpa, Vincenzo Filosa, Marco Corona, Thomas Campi, Tuono Pettinato e Massimo Carnevale.

“È solo endometriosi”, Fanny Robin e MaY Fait Des Gribouillis, Becco Giallo, 2022, 117 pagine, bicromia, brossura, € 18

“È solo endometriosi”, Fanny Robin e MaY Fait Des Gribouillis, Becco Giallo, 2022, 117 pagine, bicromia, brossura, € 18

NON È NELLA MIA TESTA, MA NEL MIO UTERO, CAZZO!!!” è l’urlo liberatorio di una delle protagoniste di questa raccolta di brevissime storie a fumetti quando finalmente il referto del laboratorio analisi attesta nero su bianco che ha un’endometriosi profonda. Nel caso di questa malattia, infatti, già ottenere una diagnosi è un successo che spesso arriva solo dopo anni di pellegrinaggi da uno specialista all’altro; anni in cui la donna sente sminuire il proprio dolore da parte di una società che la etichetta come lamentosa, depressa o scansafatiche. A questo punto inizia il lungo percorso per trovare una cura, raramente risolutiva, che troppe volte richiede di pagare un prezzo molto alto in termini di effetti collaterali (si pensi alla menopausa precoce: calo della libido, aumento di peso, il dover rinunciare ad avere figli). Sintomi e terapie che hanno un forte impatto anche sulla vita sociale della donna: le frequenti assenze dal lavoro per malattia, la difficoltà di mantenere rapporti con le proprie amicizie a causa della spossatezza, le ricadute sulla vita sessuale che possono minare il benessere di coppia. Fanny e MaY riportano episodi della loro esperienza con sincerità e umorismo, ma soprattutto con grande delicatezza nel sottolineare che il vissuto di ogni donna è diverso; è diversa in primis l’esperienza della malattia (e non si vince un premio se si prova più dolore delle altre), il rapporto che si ha con essa (del tutto personale e non giudicabile), e i compromessi che si è disposte ad accettare nel percorso di cura. Grazie a questo approccio, leggero ma mai superficiale, la lettura scorre veloce tra infinite visite mediche ed esami diagnostici (la cui ripetizione con variazione crea quasi un effetto di dejà-vu), inconvenienti imbarazzanti che costellano la quotidianità di un’endometriosica (uno su tutti: la gestione di un intestino capriccioso), consigli per affrontare i ricoveri in ospedale, momenti di ilarità in compagnia di partner e amiche, rapporti difficili con chi dovrebbe avere cura di noi e ascoltare le nostre esigenze. Con questo fumetto Fanny e MaY ci aiutano a ricordare che non è mai “solo endometriosi”, c’è tutta una persona intorno.


“Anestesia”, Fumettibrutti, Feltrinelli Comics, 2020, 135 pagine, bicromia, brossura, € 16


“Anestesia”, Fumettibrutti, Feltrinelli Comics, 2020, 135 pagine, bicromia, brossura, € 16

Josephine Yole Signorelli, in arte Fumettibrutti, racconta il culmine del suo percorso di transizione in un romanzo grafico in cui si mette totalmente a nudo di fronte a lettori e lettrici. Raggiunta la piena consapevolezza di sé, dopo un’adolescenza travagliata, Yole affronta con determinazione il cambiamento, sia legale, con le udienze per il cambio del nome sui documenti; sia fisico, attraverso gli interventi di mastoplastica e vaginoplastica; sia geografico, con la partenza dalla Sicilia per stabilirsi a Bologna e iniziare gli studi di Fumetto in Accademia. Le pagine che raccontano l’esperienza della chirurgia, significativamente posta al centro del volume a fare da cesura tra vecchio e nuovo, sono le più crude (“Ma che pretendeva? Una figa fatta con la mutua… ringrazia che è viva!”) ed offrono una testimonianza, a tratti allucinata, del ricovero in ospedale e dei problemi che un’operazione di questo genere può comportare. Ma sopravvivere all’intervento è solo una delle tante prove che Yole deve affrontare: deve liberarsi da una relazione tossica; sopportare tutte le discriminazioni da parte di legali, personale sanitario e uomini in generale (già subite come persona trans, ma rincarate dopo la transizione allo status di donna); trovare il modo di mantenersi lavorando in un night club dopo aver perso la borsa studio…Lei supera tutti gli ostacoli con grande coraggio, con l’obiettivo di lasciarsi completamente alle spalle la vecchia vita e il vecchio corpo, per scoprire alla fine che forse rinunciare a una parte così importante di noi non è la scelta migliore, e che è possibile trovare amicizie sincere pronte ad accogliere quello che siamo nella nostra unicità e interezza. Per non limitarsi a sopravvivere ma vivere per davvero. Anestesia è il terzo capitolo della “Trilogia esplicita”, preceduto da Romanzo esplicito e P. La mia adolescenza trans; dal 2023 è anche disponibile un volume che raccoglie tutti gli episodi in formato tascabile.

“Il cancro mi ha reso più frivola: una testimonianza a fumetti”, Miriam Engelberg, TEA, 2007, 114 pagine b/n, brossura, € 9

“Il cancro mi ha reso più frivola: una testimonianza a fumetti”, Miriam Engelberg, TEA, 2007, 114 pagine b/n, brossura, € 9

“Si dice che la sofferenza riveli la parte vera del carattere, e fu evidente allora che non sarei mai stata il tipo eroico di malata di cancro ritratto in tanti spettacoli e film”. Acquisita questa consapevolezza, mentre è ancora in attesa di sapere se il suo tumore sia maligno o meno, Engelberg prende carta e penna e inizia a disegnare il suo tipo di malata di cancro: una persona che di fronte al dolore e alla paura non reagisce con stoico eroismo, bensì con spiazzante umorismo. Con spaventosa onestà, Miriam ci permette di seguire il suo percorso, che come quello della maggior parte dei malati oncologici prevede esami radiodiagnostici, biopsie, chirurgie, chemioterapie, follow-up e purtroppo a volte anche recidive e metastasi. Da una parte la sua testimonianza è un pugno nello stomaco, perché ogni pagina ci parla di una persona che alla fine di cancro è morta, e contemporaneamente e inaspettatamente ci fa ridere proprio nei momenti più tragici. Miriam si paragona spesso alle persone coraggiose, quelle che affrontano il cancro a testa alta mentre lei si rifugia nelle parole crociate alla fine della guida TV e in un suo gruppo di supporto che la aiuti a sentirsi meno inadeguata rispetto al vero gruppo di supporto. E così facendo ci ricorda che esistono diversi tipi di coraggio, incluso quello di rimanere fedeli a sé stesse durante la malattia. Anche se vuol dire essere frivole.

“La gabbia”, Silvia Ziche, Feltrinelli Comics, 2022, 144 pagine, b/n, brossura, € 17

“La gabbia”, Silvia Ziche, Feltrinelli Comics, 2022, 144 pagine, b/n, brossura, € 17

“Il problema, se stai sulle palle a tua madre, è che poi pensi di stare sulle palle a tutti. Anche alla tua psicoterapeuta. Una vita da persona fastidiosa”. Questo è ciò che pensa di sé Serena, protagonista – insieme alla madre-neo-morta Letizia e alla figlia-mai-nata Gaia – dell’ultimo lavoro di Silvia Ziche, nota al grande pubblico come autrice disneyana e creatrice del personaggio di Lucrezia. In questo graphic novel premiato al Napoli Comicon 2023 come Miglior Fumetto, invece, Ziche prende spunto dalla sua vicenda personale per raccontare il difficile rapporto madre/figlia senza abbandonare la vena umoristica e l’arguzia che la contraddistinguono. Ecco che allora Letizia, che in passato ha trascurato la figlia, ora che ha una vita (eterna) davanti a sé decide di installarsi nella sua testa e fare un po’ di ordine, smuovendo in Serena i dolorosi ricordi di un’infanzia trascorsa accanto a una madre depressa e fornendo lo spunto per una serie di riflessioni sulla maternità, le relazioni amorose, la catena di dolore e fatica di tutte le donne che ci hanno preceduto e che in qualche modo ereditiamo. Riuscirà Serena a spezzare la catena e uscire dalla gabbia, liberandosi dei sensi di colpa, della tendenza al vittimismo e, soprattutto, della presenza ingombrante di sua madre? La gabbia è un fumetto che commuove e fa ridere, che spinge a guardare al di là di quello che conosciamo delle persone (chissà che anche a noi in futuro non sia dato di scoprire qualche inaspettato lato segreto di nostra madre!), con un velato tocco macabro sublimato nella foto che chiude il volume.

“Lucille degli Acholi”, Ilaria Ferramosca e Chiara Abastanotti, Il Castoro, 2022, 192 pagine a colori, brossura, € 16,50.

“Lucille degli Acholi”, Ilaria Ferramosca e Chiara Abastanotti, Il Castoro, 2022, 192 pagine a colori, brossura, € 16,50.

Lucille Teasdale è una bambina canadese che da grande vuole fare il medico missionario, ma siamo negli anni Quaranta e non è un sogno così comune per una donna. Lucille, però, è molto determinata, e con il supporto del padre intraprende gli studi all’Università di Montreal. Lì conosce il suo futuro marito, il medico italiano Piero Corti, con cui si stabilisce a Lacor, in Uganda, dove c’è un piccolo ospedale di suore comboniane che grazie al loro incessante lavoro diventa un centro di eccellenza sia per le cure sia per la formazione di nuovi medici e personale sanitario locale. Il racconto segue la vita di Lucille, intrecciando le sfide personali dell’essere una chirurga e una madre e in seguito anche una paziente (contrarrà il virus dell’HIV durante un’operazione), a quelle di ordine socio-culturale, dovute al conflitto tra medicina occidentale e tradizionale, e storico-politico, con le grandi tensioni scaturite quando l’Uganda passa da protettorato inglese a Paese indipendente in cui si instaura una dittatura militare, a cui fa seguito una sanguinosa guerra civile. Lucille non smette mai di difendere il suo ospedale e i suoi pazienti, ed è anche grazie alla sua determinazione che il Saint Mary’s Hospital – Lacor chiuderà solo per un breve periodo, continuando a fornire assistenza alla popolazione locale.
Lucille, infine, è la figura che ispira la giovane Atim Miriam Milani, italiana afrodiscendente, a studiare medicina e trasferirsi in Uganda per la specializzazione; è alla sua voce che è affidata la narrazione della storia di questa grande donna.